Solitamente gli attacchi di panico sono seguiti da un periodo di almeno un mese durante il quale l’individuo riporta frequentemente il timore di avere altri attacchi. Va precisato che a chiunque, in condizioni di estremo pericolo, può capitare di provare panico e che un singolo attacco di panico non è sufficiente per fare diagnosi di disturbo di panico.
Gli attacchi sono molto spesso associati ad agorafobia, sebbene non tutti gli agorafobici abbaino attacchi di panico o rispondano ai criteri per tale disturbo. L’evitamento agorafobico si sviluppa quando gli individui evitano le situazioni in cui temono un altro attacco e, nei casi più gravi, può portare ad uno stile di vita assai limitato.
Secondo il modello cognitivo proposto da Clark (1986) gli attacchi di panico sono il risultato di “catastrofiche interpretazioni” di eventi fisici e mentali, erroneamente considerati segni di imminente disastro, quale avere un attacco cardiaco, svenire, soffocare, impazzire. In questo modello ogni stimolo, interno o esterno, che è giudicato minaccioso, produce lo stato d’ansia e i relativi sintomi somatici associati che, se interpretati in modo catastrofico, producono un ulteriore incremento del livello d’ansia intrappolando l’individuo in un circolo vizioso che culmina con l’attacco di panico.
Trattamento degli Attacchi di panico
Secondo la terapia cognitivo-comportamentale durante un attacco di panico, la persona tende ad interpretare alcuni stimoli esterni (es. code, luoghi chiusi) o interni (es. tachicardia, sensazione di svenimento, confusione mentale) come pericolosi; tali interpretazioni, spaventando la persona, scatenano l’ansia, con i relativi sintomi mentali e fisici. Tali sintomi d’ansia vengono poi, a loro volta, interpretati in modo catastrofico, come segno di un dramma imminente. Ad esempio può capitare che un soggetto, in seguito ad un notevole sforzo fisico, possa percepire un aumento del battito cardiaco e possa considerare questo incremento anormale. Questa preoccupazione porterà ad un ulteriore incremento di tale sintomo, a causa dell’ ansia, incastrando il soggetto in un circolo vizioso che lo poterà ad un attacco di panico e a pensieri di morte imminente (ad esempio per infarto).
Il trattamento cognitivo-comportamentale prevede, oltre alla ricostruzione della “storia” del disturbo, dalle prime manifestazioni a quelle attuali, una fase di comprensione del suo funzionamento e di identificazione dei pensieri disfunzionali tipici. Tali interpretazioni erronee (spesso catastrofiche) verranno messe poi in discussione per preparare il paziente all’ esposizione alle situazioni tanto temute. È previsto inoltre l’ apprendimento di tecniche di gestione d’ ansia come la respirazione e il rilassamento. Infine è necessario lavorare sulla prevenzione delle ricadute.