Lutto
L’elaborazione del lutto ha a che vedere con la funzione di attaccamento e quindi viene processata dal cervello biologico. La mente può affrontare il lutto attuando un processo che permetta di elaborarlo oppure può negare il suo sostegno o addirittura interferire con questo preziosissimo lavoro.
Questo processo di elaborazione interessa il piano esistenziale della persona e permette di compiere la separazione e riprendere lo sviluppo della propria esperienza, integrando l’esperienza della perdita.
LE FASI DEL LUTTO
Generalmente si riconoscono cinque fasi attraverso le quali passerebbe obbligatoriamente un individuo (anche se non necessariamente in questa esatta sequenza) a seguito della perdita di una persona cara – o dell’annuncio di un’imminente perdita.
- Negazione/Rifiuto (in principio si nega il lutto come naturale meccanismo di difesa);
- Rabbia (quando si realizza la perdita, subentra un enorme carico di dolore che provoca una grande rabbia alle volte rivolta verso se stessi o persone vicine o, in molti casi, verso la stessa persona defunta);
- Negoziazione (si tenta di reagire all’impotenza cercando delle risposte o trovando soluzioni per spiegare o analizzare l’accaduto);
- Depressione (ci si arrende alla situazione razionalmente ed emotivamente);
- Accettazione (si accetta l’accaduto, riappacificandosi con esso, spesso sperimentando fasi di depressione e rabbia di natura moderata, volte a riconciliarsi definitivamente con la realtà).
La procedura della elaborazione delle perdite
Ci sono tre grandi momenti di elaborazione che sono in vari modi sostenuti dalle fasi della procedura: la chiusura, il lasciar andare e il riappropriarsi e l’impegnare una nuova sfida evolutiva.
Fase 1: rituale di separazione
Fase 2: espressione delle emozioni e chiusura di cose sospese
Fase 3: ringraziamento all’altro
In questa fase la persona si concentra sul ringraziamento all’altro per i bei momenti vissuti insieme. La dichiarazione dell’importanza delle cose meravigliose vissute e l’apprezzamento di esse portano a celebrare il passato. Questa fase deve avere più forza e intensità della fase precedente, in quanto il rapporto di amore ha nutrito l’individuo per un periodo permettendo di fatto il suo rafforzamento.
Questa fase ha una fondamentale influenza sulla reale chiusura del rapporto e rappresenta il primo inizio del riappropriarsi di cose che riguardano la separazione. In una elaborazione naturale del lutto la tristezza si trasforma gradualmente in gratitudine.
Fase 4: scoperta del proprio tesoro interiore
Fase 5: uso individuale del proprio tesoro interiore
Fase 6: uso relazionale del tesoro interiore
LUTTO PERINATALE
Dal punto di vista medico, per morte perinatale si intende la perdita di un figlio che avviene tra la 27a settimana di gravidanza e i 7 giorni dopo il parto.
La morte in utero è una tragedia nascosta. I genitori spesso sentono che il loro lutto, definito “lutto fantasma” non viene considerato ed è poco conosciuto sia dagli operatori sanitari che dai familiari e dalla società in genere. Spesso le persone colpite da questi eventi lo nascondono e capita che poi manifestino sintomi depressivi di lunga durata.
Le mamme che hanno partorito un bambino morto spesso si sentono abbandonate, emarginate e colpevolizzate dalla società, si sentono stigmatizzate; i papà, a volte, non vengono neppure tenuti in considerazione come se non il lutto non li avesse neppure colpiti.
Cosa accade durante il lutto perinatale
La morte in utero è un evento emotivamente devastante per i genitori che si preparano ad accogliere una nuova vita. Nella nostra società questo evento non è ancora riconosciuto come lutto e spesso si tende a minimizzare la sofferenza che ne deriva e magari anche a consigliare i genitori a “riprovarci subito” ad avere un altro figlio. In realtà fin dal momento in cui si viene a conoscenza dell’attesa di un bambino, il legame genitoriale cresce e si rafforza ogni giorno di più e così anche le aspettative e le fantasie dei futuri genitori. Ogni bambino, a qualunque settimana di vita, all’interno di una famiglia, ha un’importanza indiscutibile.
La morte di un figlio durante la gravidanza o dopo il parto è un momento difficile da superare; se non c’è una causa definita dal punto di vista clinico, l’evento può esser vissuto in maniera ancora più drammatica e difficile da accettare e l’elaborazione del lutto sarà così più problematica. Molti genitori si sentono in colpa nei confronti del bambino per non essere riusciti a proteggerlo o per non aver capito quello che stava accadendo o per aver fatto qualcosa di sbagliato che ha causato la morte. Molte mamme hanno detto che si sentivano come “su un altro pianeta” e non pensavano “stesse accadendo proprio a loro”: questa emozione mista di confusione e dolore non permette di essere pienamente consapevoli sul da farsi, e può capitare di non capire cosa è meglio per noi, e in contemporanea di avere una grande paura.
Va sottolineato che ogni membro della famiglia, come i nonni o i fratelli, oltre ai genitori, vengono colpiti dalla perdita, anche se in modo diverso.
COSA FARE
Lo psicologo può essere un aiuto importante per affrontare il processo di elaborazione in modo fluido, lavorando perchè che non ci siano blocchi da parte delle persone coinvolte sul “perché è accaduto…” o “se avessi/non avessi fatto” o sul senso di colpa. Il terapeuta favorisce l’elaborazione lavorando con le persone sulle loro emozioni e sui loro pensieri.
Un altro supporto importante, insieme a quello dello psicologo, lo forniscono i gruppi di auto-mutuo-aiuto, le informazioni si trovano sul sito dell’Associazione CiaoLapo Onlus, poiché l’elaborazione del lutto può essere più lieve se condivisa con altre persone che hanno vissuto la stessa esperienza.
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